Battaglia oplitica

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Rex Romanorum 2
view post Posted on 7/6/2015, 13:22     +2   +1   -1




I greci del periodo classico che vivevano nella Grecia centrale, meridionale e nei territori d'oltre mare erano politicamente organizzati in piccole città stato le poleis in cui vigevano forme di auto governo repubblicano di tipo più o meno oligarchico o più o meno democratico le caratteristiche politiche di tali stati influenzeranno anche il loro modo di fare la guerra e il modo di fare la guerra influenzerà la loro organizzazione politica.

Originariamente i greci erano organizzati in stati monarchici ma in nelle parti della Grecia che daranno vita alle poleis gli aristocratici riuscirono ad esautorare i re e ne ridussero il ruolo solo a una funzione simbolica di tipo religioso per di più spesso in età classica i re sacerdoti spesso venivano eletti da i veri detentori del potere politico.

Un caso a parte fu Sparta, dove la parte di popolazione facente parte dell'aristocrazia era molto più grande a causa delle usanze ugualitarie nella spartizione del bottino tra i Dori che conquistarono la Laconia, i re conservarono un ruolo politico come membri dell'assemblea ristretta che dirigeva la polis e un ruolo militare come comandanti dell'esercito ma in compenso a Sparta la monarchia divenne duplice e due famiglie di re furono chiamati a dividersi il potere.

La politica estera delle poleis era spesso caratterizzata dalla guerra che venivano combattute per conquistare un qualche tipo di egemonia o per impedire ad altri di conquistarla a loro volta. Le ridotte dimensioni di quelli stati comportavano alcune caratteristiche strategiche infatti le poleis potevano mobilitare tutte le loro risorse umane per la guerra e lo potevano fare in breve tempo, cosa che a stati più estesi non sarebbe mai riuscita ne nelle proporzioni della mobilitazione ne nella rapidità della stessa. In questo contesto limitare la chiamata alle armi ai pochi aristocratici presenti nelle varie città sarebbe stato un suicidio per una polis che sarebbe stata certamente sconfitta da un altra che non si faceva problemi a chiamare tutta la sua cittadinanza alle armi. Un eccezione alla regola fu di nuovo Sparta dove gli aristocratici erano molto più numerosi che nelle altre poleis.

L'abitudine di mobilitare eserciti relativamente grandi in rapporto alle dimensioni degli stati comportò il crearsi di uno spirito di corpo tra gli appartenenti alla cittadinanza, anche tra i ceti medi precedentemente esclusi dalla vita politica dai ceti aristocratici, l'abitudine all'uso delle armi diede ai ceti medi uno strumento d'azione qualora l'avessero voluto usare.

I ceti medi arrivarono a dare vita a lotte politiche per la conquista del potere politico contro l'aristocrazia che a sua volta era spesso divisa da faide intestine, di nuovo fu un caso a parte Sparta dove l'ampia aristocrazia era solida e compatta e dove il gran numero degli aristocratici faceva si che non ci fosse bisogno di mobilitare altre parti della popolazione per le guerre.

L'armamento dei fanti si evolse si abbandonarono i grandi scudi a forma di 8 o rettangolari tipici dell'età micenea in favore del più piccolo ma più spesso oplon, uno scudo di legno di forma circolare dal diametro di circa un metro e dal peso di circa 8 chili, il nuovo scudo dava una minore protezione contro le armi da lancio ma con il suo spessore ne dava una maggiore contro le armi da corpo a corpo. La forma circolare di questo scudo faceva si che ogni scudo oltre a proteggere chi lo portava dava protezione anche alla spalla destra del commilitone alla propria sinistra.

I combattenti smisero di combattere in piccoli gruppi o da soli per assumere uno schieramento ordinato, la falange, composto da line e line di uomini ammassati gli uni sugli altri spalla a spalla fianco a fianco. Questo tipo di schieramento era molto semplice da assumere cosi che anche dei cittadini non specializzati potevano prestare servizio con buoni risultati.

A questo punto se lo schieramento oplitico permetteva un buon uso anche dei cittadini presi dai campi e dalle botteghe viene spontaneo chiedersi perché gli Spartani si dessero tanto da fare per avere dei soldati cosi ben preparati e la risposta è che probabilmente il tipo di selezione e addestramento che caratterizzava gli Spartani fossero in gran parte consolidati prima che si affermasse lo schieramento oplitico e siccome sappiamo che gli Spartani hanno adottato la loro spietata politica durante le guerre messeniche che si combatterono tra il 743 a.c. e il 668 a.c. possiamo dedurre che gli Spartani adottarono lo schieramento oplitico nel VII secolo.

Questo tipo di schieramento era caratterizzato da una disposizione molto densa dei soldati che occupavano un fronte di circa 60 cm l'uno e che imponeva anche ai soldati delle file dietro di essere cosi vicini da poter sospingere in avanti i loro commilitoni attraverso una spinta data con lo scudo sulla schiena di colui che li precedeva. All'interno di una falange si era letteralmente schiacciati e pressati da tutti i lati da parte degli altri opliti della propria stessa parte si trattava di un esperienza incredibilmente claustrofobica.

Come se non bastasse la claustrofobia c'era il problema della panoplia che, per chi se la poteva permettere completa, era pesantissima complessivamente tra corazza, elmo e scudo si raggiungevano i 30 Kg pari a circa la meta del peso di un antico greco medio e d'estate, quando si svolgevano quasi tutte le azioni belliche, era semplicemente soffocante quando sotto i raggi del sole e con il calore del corpo umano causato dal movimento l'armatura diventava un autentico forno.

Gli opliti per combattere le battaglie si disponevano in un terreno aperto una pianura dove potevano schierarsi e dove si poteva avanzare senza perdere la formazione, ci si osservava a distanza con i nemici si teneva il pesante elmo alzato sulla testa e poi a un certo punto quando uno dei due comandanti dava il segnale si iniziava ad avanzare inizialmente al passo per non perdere la compattezza della falange poi arrivati alla distanza di circa uno stadio, 177 metri, si abbassavano gli elmi sul viso e si iniziava a correre verso il nemico per arrivare allo scontro frontale prima che gli eventuali tiratori nemici potessero fare danni rilevanti e in modo da avere un grande slancio al momento dello scontro.

Le prime tre linee di opliti attaccavano con le lance rivolte contro il nemico mentre gli altri le tenevano alzate in attesa di dover eventualmente sostituire i caduti delle prime linee. Nello scontro si cercava di colpire il nemico con le lance, alcuni cercavano di colpire il nemico con un colpo di lancia dal basso, per superare la protezione dello scudo, a volte cosi facendo si riusciva nell'infliggere una dolorosissima ferita al inguine più spesso si colpivano le cosce se invece si colpiva lo scudo si otteneva di rompere la propria lancia e di danneggiare lo scudo del nemico, la rottura della lancia era un evento che capitava nei primi momenti della battaglia a moltissimi soldati ma una volta capitato ciò si poteva continuare a colpire il nemico con uno spuntone di bronzo che si trovava nel lato opposto della lancia e con cui si davano colpi dal alto verso il basso sulle teste dei nemici se la lancia si rompeva ancora rendendo inutilizzabile lo spuntone si usava una spada corta.

Mentre le prime linee combattevano cercando di farsi strada tra i nemici menando colpi quasi alla cieca, per via degli elmi che riducevano pesantemente la vista, le file successive spingevano con lo scudo schiacciato contro la schiena di chi gli stava davanti cercando di spingere avanti i propri. Si procedeva cosi in uno scontro caotico in cui la densità dei combattenti era cosi alta che il cadavere di un soldato poteva benissimo essere tenuto in piedi dalla calca. Finché una delle due parti non crollava e si dava alla fuga.

Questo è quello che accadeva se tutto andava come doveva andare ma anche in una battaglia cosi semplice c'erano cose che potevano andare storte.

In primo luogo la falange poteva perdere la sua formazione con gli uomini più veloci, più coraggiosi o semplicemente più ansiosi mettere fine il prima possibile alla battaglia potevano lasciarsi dietro i commilitoni sfaldando la linea e rendendo se stessi e i propri camerati più vulnerabili ai colpi del nemico è propri questo che capitò alla battaglia di Anfipoli nel 422 a.C. quando gli Ateniesi caricarono gli Spartani in maniera disordinate al punto che ancora prima del inizio dello scontro il comandante spartano Brasida osservando le loro lance che ondeggiavano disse che essi non avrebbero potuto resistere alla carica spartana e infatti non resistettero e dovettero subire circa 600 morti mentre le perdite tra gli Spartani furono minime.

Inoltre gli opliti tendevano a spostarsi verso destra per cercare la protezione dello scudo del loro vicino cosi facendo questa tendenza moltiplicata per tutti gli uomini della falange poteva portare a uno spostamento a destra di tutto lo schieramento come avvenne nella battaglia di Mantinea del 418 a.C. in cui si scontrarono due schieramenti uno guidato da Atene e l'altro da Sparta e in cui tutti e due gli schieramenti si spostarono verso la propria destra determinando un accerchiamento delle reciproche ali sinistre.

In ultimo c'era la possibilità che una parte delle truppe si ritirassero senza combattere, sopratutto se dall'altra parte c'erano i temibili Spartani, come avvenne in maniera plateale durante la battaglia di Coronea del 394 a.C. quando gli Argivi ruppero le linee di nuovo prima di arrivare allo scontro lasciando in gravissimo pericolo i loro alleati Tebani.

La battaglia oplitica inizio a cambiare durante la guerra del Peloponneso nel 426 a.C. lo stratego Demostene, da non confondere con l'omonimo oratore vissuto circa un secolo dopo, venne inviato nel golfo di Corinto decise di attaccare l'Etolia alleata di Sparta e Tebe per poi attaccare la Beozia da occidente una mossa questa che gli fu consigliata da alcuni alleati che sostenevano che gli Etoli erano deboli in quanto avevano pochi opliti.

Penetrato in Etolia Demostene inizialmente riuscì a conquistare alcuni villaggi senza incontrare resistenze degne di nota ma gli Etoli si mobilitarono e attaccarono gli Ateniesi in un terreno accidentato e lo fecero senza usare opliti ma solo dei peltasti, fanteria da tiro dotata di giavellotti e protetti da uno leggero scudo di vimini, attaccavano gli Ateinsi scagliandogli i loro giavellotti per poi ritirarsi prima che gli opliti pesantemente armati potessero colpirli, gli Ateniesi poterono rispondere con un reparto di arcieri ma dopo che il loro comandante fu ucciso gli arcieri fuggirono, la tattica degli Etoli fu ripetuta più e più volte finché gli Ateniesi furono costretti a ritirarsi.

Complessivamente su 300 opliti Ateniesi ne morirono in 120, cui andrebbero aggiunti i morti tra gli alleati Ateniesi di cui Tucidide non ci da notizia, le cifre potrebbero essere considerate basse ma se calcolate in percentuale ammontano a circa il 40% degli effettivi partecipanti allo scontro mentre le perdite tra gli Etoli furono minime e dovute o agli arcieri o a casi sfortunati.

Lo stesso Demostene l'anno successivo dimostrò di aver compreso la lezione facendo fare un passo in avanti alla tattica delle fanterie da tiro nella battaglia di Sfacteria, in una piccola isola vicina alla costa del Peloponneso, era rimasto isolato un reparto di 420 opliti Spartani che vennero attaccati dagli Ateniesi che sbarcarono un contingente misto composto da 800 arcieri 800 peltasti e alcune centinaia di opliti gli opliti Ateniesi si schierarono di fronte agli Spartani ma non attaccarono e neanche si avvicinarono ma si limitarono a stare in formazione di fronte agli Spartani per costringerli a stare in linea e mentre gli Spartani erano costretti a schierarsi in linea gli arcieri e i peltasti li bersagliavano da ogni lato finché gli Spartani furono costretti alla resa dopo che 128 di loro erano morti. La battaglia coinvolse solo piccoli contingenti ma l'unità spartana subi una distruzione totale senza che gli Ateniesi avessero perso un solo uomo.

Ma oltre alla valorizzazione delle fanterie da tiro ci fu un altra evoluzione nella battaglia oplitica che venne portata avanti dai Tebani che consisteva nella concentrazione delle massa delle truppe nel punto decisivo, nell'uso della cavalleria e dello schieramento obliquo.

Già nella battaglia di Delio del 424 a.C. Gli Ateniesi cercarono di sfruttare il vantaggio acquisito con la vittoria di Sfacteria attaccando i Tebani con un esercito forte di 7.000 opliti, un numero scelto di proposito visto che era proprio questa la consistenza delle forze oplitiche Tebane evidentemente si voleva essere certi di combattere e si era evitato di mandare un numero superiore di opliti per non spaventare i Tebani e spingerli alla battaglia, oltre a ciò gli Ateniesi avevano un unità di cavalleria e migliaia di fanti leggeri ma il comandante degli Ateniesi Ippocrate decise di ritirarsi e non avendo compreso l'importanza delle fanterie da tiro rinviò a casa le fanterie leggere per prime, il comandante Tebano Pagonda intercettò la fanteria pesante e la cavalleria Ateniese prima che abbandonassero la Beozia decidendo subito di attaccare il nemico.

A detta di Tucidide i Tebani disponevano di circa 7.000 opliti circa 10.000 fanti leggeri e 1.000 cavalieri e anticipano gli Ateniesi nell'occupazione di un altura che dominava il teatro di battaglia e schierò la sua ala destra su una profondità di 25 linee mentre gli Ateniesi si schierarono sulle consuete 8 linee su tutta la linea del fronte, per poter schierare la sua falange su un fronte esteso quanto quello nemico Pagonda schierò alla sua ala destra le fanterie leggere in maniera simile a come avrebbe schierato degli opliti.

I Tebani presero l'iniziativa attaccando gli Ateniesi dall'alto in basso e presto la loro alla destra rinforzata iniziò a far ripiegare le otto file di opliti nemici ma prima che i Tebani operassero lo sfondamento gli Ateniesi nella sezione di fronte in cui dovevano affrontare i fanti leggeri riuscirono rapidamente a mandarli in rotta nonostante il loro grande numero e la loro posizione sopraelevata Pagonda aveva commesso un errore gravissimo usando le fanterie leggere in maniera impropria e stava per pagare a caro prezzo questo errore visto che gli opliti Ateniesi con una mossa intelligente avevano lasciato fuggire i fanti leggeri, che comunque non avrebbero potuto inseguire con successo, per attaccare sul fianco e sul retro il centro della fanteria Tebana, ma a questo punto avviene l'azione decisiva della battaglia che non viene compiuta dalle fanterie leggere o pesanti che siano ma dalla cavalleria Tebana che sconfigge i suoi avversari Ateniesi e che poi viene inviata da Pagonda ad attaccare la fanteria Ateniese per impedirgli di annientare il centro Beota.

La battaglia è adesso in stallo le due parti sono schierate in maniera poco chiara con unità che attaccano delle altre alle loro spalle e che sono a loro volta attaccate alle spalle da altre unità nella confusione non sono rari i casi in cui ci si colpisca tra membri dello stesso esercito ma finalmente l'ala forte dei Tebani riesce a ributtare indietro gli Ateniesi di fronte a loro la visione della propria alla sinistra in rotta distrugge il morale di ciò che restava dell'esercito Ateniese che va in rotta. Le due brillanti idee di Pagonda costarono agli Ateniesi oltre 1.000 morti mentre i suoi errori nello schieramento dell'ala sinistra nell'uso errato delle fanterie leggere costarono ai Tebani circa 500 morti.

La lezione di Delio fu poco recepita fuori di Tebe l'idea di usare la cavalleria come arma decisiva e l'uso della concentrazione delle forze nel punto decisivo rimasero delle idee proprie solo dei Tebani ancora per molto tempo e ciò fu dovuto al esitò confusionario di questa battaglia e alle pesanti perdite che i Tebani dovettero subire sebbene vincitori mentre l'uso delle fanterie da tiro sembrava aprire prospettive migliori sembrava possibile annientare interi reparti nemici senza subire perdite e per questo tale tattica venne presa a modello nei successivi decenni.

Il momento in cui il mondo greco imparò queste lezioni Tebane fu quando nel 371 a.C.a Leuttra Epaminonda sconfisse gli Spartani superiori di numero con una versione migliorata dello schieramento di Delio.

La battaglia iniziò con uno scontro di cavallerie nel quale i Beoti superiori qualitativamente e quantitativamente ebbero facilmente la maglio sugli Spartani e i loro alleati poi arrivò il momento dello scontro tra le falangi per combattere il quale gli Spartani si schierarono sulle consuete 8 file mentre i Tebani per sfondare le linee nemiche si schierarono in massa sulla propria ala sinistra con una profondità di ben 50 file supportata da uno schieramento di sole 5 file di opliti di profondità e per evitare che le parti meno forti della propria formazione subissero uno sfondamento prima di essere loro ad operarlo lo disposero in ordine obliquo con il centro lasciato dietro l'ala sinistra e l'ala destra dietro il centro guadagnando cosi tempo prezioso per far riuscire la propria manovra.

Oltre alla massa dei suoi uomini Epaminonda puntò anche sulla manovra della cavalleria che attaccò alle spalle l'ala destra nemica, dove erano concentrati gli Spartani, che in contemporanea subirono anche un attacco laterale da parte di un unità di truppe scelte il famoso battaglione sacro Tebano addestrato e organizzato proprio sul modello Spartano, gli Spartani cedettero lasciando sul campo 400 dei loro e alla vista della loro fuga gli alleati Peloponnesiaci rinunciarono alla battaglia.

Nove anni dopo i Tebani riportarono una nuova vittoria a Mantinea usando una tattica simile a quella di Leuttra ma pagando con la vita del loro miglior comandante il grande Epaminonda. Durante il breve periodo della loro egemonia i Tebai erano riusciti ad estendere la loro influenza anche sull'allora debole regno di Macedonia ottenendo come pegno della lealtà Macedono il giovane principe Filippo che una volta rientrato in patria e conquistato il potere riorganizzò l'esercito Macedone sui modelli greci oltre che dai Tebai Filippo imparò anche da un altro comandate greco l'ateniese Ificrate che aveva introdotto diverse migliorie all'armamento e alla organizzazione militare dei suoi tempi cosi ne parla lo storico Diodoro Siculo:


« Da quanto si dice, dopo aver acquisito una lunga esperienza nelle operazioni militari della guerra persiana, egli escogitò numerose migliorie negli strumenti di guerra, dedicando se stesso soprattutto in questioni di armi. In primo luogo, i greci usavano scudi grandi e quindi difficili da maneggiare. Egli li scartò, facendone altri piccoli ed ovali, di dimensioni modeste, raggiungendo in questo modo due obiettivi: conferire al corpo una copertura adeguata e consentire all'utilizzatore dello scudo piccolo, in virtù della sua leggerezza, di essere completamente libero nei movimenti. Dopo un periodo di prova del nuovo scudo, la sua facilità di utilizzo ne impose l'adozione, e la fanteria che veniva precedentemente chiamata "opliti" a ragione del loro pesante scudo, da allora ebbero il nome cambiato in "peltasti", dalla leggera pelta che portavano. Quanto alle lance e alle spade, egli fece una modifica in senso opposto: di fatto incrementò la lunghezza delle lance della metà e raddoppiò la lunghezza delle spade. L'uso pratico di queste armi confermò le prove iniziali e dal successo dell'esperimento si guadagnò grande fama di generale di genio e inventiva. Egli creò anche stivali da soldato facili da slacciare e leggeri che continuano ai giorni nostri ad essere chiamati ificratei. »
(Diodoro Siculo, XV, 44.1-3)

Filippo aumentò ancora la lunghezza delle lance in modo tale che potessero partecipare allo scontro le prime sei linee della fanteria Macedone mentre i greci riuscivano a far partecipare solo le prime tre linee e adottando tattiche in gran parte ispirate al modello Tebano egli organizzò un esercito forte compatto flessibile con cui sconfisse i Greci nella battaglia di Cheronea nel 338 a.C. e mettendo fine all'età della semplice battaglia oplitica ormai definitivamente sostituita dalla battaglia manovrata e ad armi combinate.
 
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SirMatthew
view post Posted on 6/7/2015, 12:59     +1   -1




Molto bello!
 
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1 replies since 7/6/2015, 13:22   69 views
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